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LA STAGIONE DEI PREMI 2017. PREMIO STREGA. PREMIO STREGA EUROPEO. PREMIO CAMPIELLO.

CHE VINCA IL POTENTE


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Luglio è il mese dei due Premio Strega, e a Settembre alla ripresa avviene l´assegnazione del Campiello.
Parlandone, non si vuole qui stigmatizzare il peso dei grandi editori, o prendere posizioni populiste, cerco di commentare i finalisti trovando eventuali nessi o facendo qualche considerazione.

Certamente è rilevante il fatto che nei due principali premi italiani abbiamo cinque libri su dieci emanazione di Mondadori/Einaudi (l´anno scorso gli esponenti del gruppo editoriale Mondadori/Rizzoli erano quattro, considerando sub-judice Bompiani, ma non c´era dominio dei due marchi diciamo mondadoriani per eccellenza).

Sempre tenuto conto di Strega e Campiello, di piccola editoria propriamente detta a mio modo di vedere c´è solo Manni (che peró partecipa con Rollo, quindi assume peso politico da grande), Marsilio e Neri Pozza li riterrei medi, e La Nave di Teseo per me è una prossima major. Ma questo non vuole dare patenti di qualità o di minore purezza rispetto al passato, al presente o al futuro.

Andiamo sul Premio Strega 2017. Si è evidenziato il cambiamento della formula con l´ampliamento dei votanti, aggiungendo agli Amici della Domenica tutta una rosa di esponenti di quella che una volta forse avremmo chiamato società civile, o forse retroguardie culturali (biblioteche, scuole, traduttori, intellettuali - ma perché invece gli Amici sono dei bifolchi illetterati?).
Nonostante questo, sappiamo che vincerà uno tra Paolo Cognetti e Teresa Ciabatti, io credo che prevarrà La più amata della seconda su Le otto montagne del primo. D´altra parte quello di Cognetti è già stato ampiamente venduto all´estero (ed è andato meglio della Ciabatti anche in patria), per cui qualsiasi strategia commerciale prevederebbe di far emergere in questo contesto la Ciabatti, che credo rispetto al collega si venda meno da sola.

Gli altri sono ovviamente senza alcuna chance: magari Alberto Rollo porterà Un´ educazione milanese al terzo posto, forte del nome e di un libro che sembra essere piaciuto molto e che sinceramente è l´unico dei cinque che avrei vagamente voglia di leggere.
Soddisfazioni di piazzamento per Wanda Marasco (che ci prova da un pochino) e La compagnia delle anime finte e ancora per Matteo Nucci (detto Toyota) con il suo È giusto obbedire alla notte.

Più frizzante, interessante trovo la compagnia del Premio Campiello 2017.
Abbiamo il drammaturgo Stefano Massini con Qualcosa sui Lehman, Mauro Covacich con il suo romanzo autobiografico + romanzo su Trieste (un genere a sé, direi!) La cittá interiore, Alessandra Sarchi con La notte ha la mia voce, Donatella di Pierantonio e L´arminuta e infine Laura Pugno  e La ragazza selvaggia.
Meno facile fare previsioni perché meno stringenti le logiche spartitorie. Il Campiello è un premio a nord-est e potrebbe vincere Covacich (il libro è anche piuttosto bello). Ma riterrei in corsa sia la Di Pierantonio (classico libro terragno-einaudiano, anche questo quasi un genere a sé) e anche Massini, seppure magari la sua opera risulti un po´meno vendibile delle altre, mastodontica e poco tradizionale quale è.

Una vera boccata d´aria editorialmente fresca è il Premio Strega Europeo 2017. Ops, guarda caso: quasi solo editori indipendenti.

Per E/O concorre Mathias Enard con Bussola, opera dotta torrenziale e fascinosa, abbiamo poi la tedesca Jenny Erpenbeck con Voci del verbo andare per Sellerio, lo svedese Jonas H.Khemiri e Tutto quello che non ricordo per Iperborea, la scozzese Ali Smith con L´una e l´altra per SUR e infine il popolare "Kraszno" ovvero l´ungherese László Krasznahorkai con Satantango.

Come dire, meno il premio è rilevante economicamente (come peso sulle vendite e visibilità), più sembrano prevalere ricerca e qualità.

Dico quello che so: il libro di Khemiri è appassionante, ben congegnato e si situa in quella narrativa latamente europea (che può essere inglese, israeliana, o appunto svedese) che punta su storie non banali, trovate e scritte con maestria, ma che rifiutano volutamente di essere elitarie, che sanno insomma essere cordiali e aprirsi a un pubblico più ampio (due esempi: Jonathan Coe ed Eshkol Nevo).
Krasznahorkai l´ho trovato prodigioso (Dostoeskvijanamente prodigioso) con Melancolia della resistenza uscito qualche anno fa da Zandonai. Questo non l´ho ancora letto.
E gli assaggi che ho fatto su Enard mi hanno mostrato lingua e piglio non comuni, una sorta di nozionismo che non irrita e di grinta linguistica da scrittore non comune.

Tra tutti, tifo per Krasznahorkai perché voglio vedere come giornalisti, librai e blogger si diletteranno col cognome.



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