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RECENSIREPOESIA. ANNA FRANCESCHINI - PIETRE DA TAGLIO

UN PEZZO SENZA VOCE 

Di Valentina Murrocu

Ciò che accomuna i testi che compongono il libro d’esordio di Anna Franceschini, “Pietre da taglio” (Kurumuny, 2021), sembra essere non tanto la profondità dello sguardo, ma l’orizzontalità dello stesso, quasi che le Scene e tutto ciò che ospitano fossero posti sullo stesso piano, da un punto di vista estetico, ma anche ontologico; in una tale cornice, la “sabbia attorno il lago”, “le grate del portone”, “il silenzio scomposto” entrano a far parte, a pieno diritto, non solo della collezione degli enti, ma soprattutto del “dicibile” in poesia. È tuttavia ciò che non viene pronunciato e rivelato, penso allo spazio bianco e alla frequente assenza di punteggiatura, a imprimere la direzione agli incontri mancati, a voler seguire la lettura che suggerisce la presenza di un inedito di Francesca Marica («La tua chioma nera,/le tue rovine distratte, gli incontri mancati nelle ossa.»).

Ho parlato poco fa di “Scene”, con il rischio di cadere nella semplificazione; aggiungo che si tratta, a ben vedere, di reiterazione di Scene, specialmente nella prima parte del libro, reiterazione che non solo funge da collante delle poesie, ma apre al gioco di detto e non detto o, più precisamente, di dicibile e indicibile, nel testo, come nella vita che il testo suggerisce e che, precisiamo, non coincide con quella dell’autrice: sembra, in effetti, che una voce o più voci fuoricampo dettino il testo, guardino di lato «Il pensiero una immagine senza/sfondo»: «A noi non si perdona la cattiveria/il volto dipinto di una bocca per parlare»; «Il bianco sbriciolato ammette l’occhio/salta il chiodo che puoi sentire/un palcoscenico buio/dietro una scala»; «Scena madre in un acquaio/la marea è fine ripetuta che/rigetta l’urto»; «Invitano a una posa, compongono sullo sfondo di una tela, proiettano la luce. Osservano. Aspettano il ritorno del morto».

L’io si presenta come plurimo, frammentato, continuamente slogato nel darsi del verso, mentre il soggetto, se un soggetto esiste, coincide con lo sguardo di cui sopra, con questa non voce che taglia e prova a ricucire la scena mediante lo spazio bianco oppure a lacerarla, in quello «strano godere dell’esistere» che arriva a coincidere con il dolore, con le «non parole», i «non ricordi», le «non frasi: «Ero io che dettavo i tasti/la puntina sul solco del disco»; «non hai voce per dirlo non hai casa»; «accantona da te l’idea che esisti»; «sarai compressa dal desiderio/il miasma si abbatterà su altri da te»; «qualcuno l’ha asciugata con il respiro per non vederla»; «denti pezzi di piede e ritornelli/che dicono questo è quel che deve essere/tuo malgrado sospendiamo/poco prima che come la porta si chiuda il sipario».

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Informazioni sul libro

Anna Franceschini - Pietre da taglio
90 pagine
Kurumuny 2021
Attualmente in commercio

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