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L´ASCETA OVVERO IL QUARTIERE.

IL BICICLETTAIO






Posso avere una casa qui, dove sto, e averne un´altra nell´isola svedese di Käringön. L´isola misura ventidue ettari, e ha un centinaio di abitanti, il numero aumenta in estate, sostanzialmente triplicandosi. A Käringön esistono un paio di ottimi ristoranti di pesce (ma il concetto in Svezia è diverso da quello che si potrebbe intendere) e un gruppo di cercatori di Pokemon, che ha anche una pagina Facebook.
La perfetta vita ascetica prevederebbe sette e otto mesi qui, dove sto, e quattro mesi – da sparpagliare nel corso dell´anno ma con una netta concentrazione estiva – sull´isola. Gli immobili, in Svezia, hanno ancora prezzi abbordabili.
Naturalmente la perfetta vita ascetica si scontra con il nugolo di impegni. Il nugolo di impegni rende necessario lo sfogo, lo sfogo rende necessarie serate con amici da vivere come se ognuna dovesse essere eccezionale.
A questo punto torno al quartiere e vi parlo del biciclettaio. Spero si comprenda presto perché, cosa c´entra con le serate eccezionali.
Quando ancora ero sposato, giravo nelle strade alberate con in mano sacchetti di spesa o di vuoti a rendere e osservando, c´era il negozio del biciclettaio, c´era lui con un suo grande cane peloso che avrei potuto chiamare “Pulcione” (ma lo avevo fatto solo mentalmente). Lui passava le giornate tra il negozio e le sedie del bar accanto. Beveva prevalentemente vino bianco.  Le cose si modificavano o alcune restavano uguali: Pulcione era diventato sempre più grande, il negozio di biciclette era passato a qualcun altro, il biciclettaio diventava sempre più giallo e smunto, il vino rimaneva bianco.
Avevo cominciato poi a vedere come Pulcione venisse portato in giro da una signora dai lineamenti asiatici; il biciclettaio aveva smesso di comparire al bar o per le strade. Cosa avevo pensato, lo sa bene mia moglie, quella che allora lo era.
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Non pensate a chissà quali tragedie, io ho lasciato lei, lei ora sta bene, penso.
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Ora ho molto più tempo, i weekend non sono più un saltellare un po´sclerotico tra vuoti da rendere, spese da fare, Ikea, lunghe passeggiate per godersi gli sprazzi di sole, buoni sconto da far valere. Sapete come è, un uomo da solo ha comunque dei doveri verso se stesso e la comunità, ma è la maniera in cui essi vengono esercitati a cambiare. Un uomo da solo, di norma, non utilizza buoni sconto.
Ho più tempo in queste mattinate, questi pomeriggi del weekend, vado in giro, mi rendo conto che rimangono elementi sclerotici, alla fine quante varianti hai? L´avere delle possibilità non corrisponde alla reale capacità di esercitarle tutte. Alcune sono solo nella tua testa e il numero di mostre o concerti da visitare è elevato ma finito.
Per cui si fa strada questa difficoltosa politica da flaneur, o più prosaicamente da bighellone, che impiega a volte il tempo ciondolando in giro e nutrendosi di impressioni, e poi cosa te ne fai? Le scrivi, se hai questo temperamento qui.
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I Bancari scrivono. Ci sono molti esempi. A me piace quello di Pontiggia.
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In ogni modo, in uno dei miei percorsi passo davanti al negozio di biciclette, ora tramutatosi in un covo per hipster, dove vendono ad altissimo prezzo city bike e quelle robette ripiegabili con la ruotina (io le vedo sempre guidate da bionde con le gambe lunghe e gli occhiali da sole, o da esseri barbuti dai pantaloni corti sulle caviglie e scarpe a punta, a volte senza calzino – ma forse è una mia fallacia deduttiva).
Accanto c´è ancora il bar, e un giorno vedo il biciclettaio, più in carne rispetto a due anni prima, meno giallo, e sempre con un vino bianco davanti a sé.
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Giuro, sono passati due anni.
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Ho esitato, poi mi sono seduto. Ora ho tempo e per deformazione professionale non ho mai avuto particolari timidezze a parlare con le persone. Mi son seduto nel tavolino accanto. Lui si è girato, io ho sorriso e ho detto – È bello rivederti.
Lui dice – Ho rischiato tanto, ma ce l´ho fatta. La vita è così.
Mi ha raccontato qualcosa di sé.

IL BICICLETTAIO

- Nella mia famiglia si è sempre bevuto, i pic-nic la domenica portandosi dietro le birre, il vino rosso a pranzo. Non troppo, ma era una cosa scontata. Quando si stava insieme, si beveva.

- Mi sono sposato abbastanza giovane. Io ero lo stesso prima e dopo il matrimonio. Bevevo non molto, ma ogni giorno. Solo che prima del matrimonio vivevo da solo. Quando mia moglie se ne era resa conto mi aveva chiesto “Ma tu bevi tutti i giorni?”

- Comunque l´aveva accettato, non credo mi avrebbe mai lasciato per quello.

- La vita mi ha indirizzato così, tu mi vedi ora, ma a trentacinque anni qui ero una persona abbastanza in vista, facevo parte del comitato di quartiere, mi impegnavo, per esempio la petizione sul pedonalizzare la strada, lì dietro, era nata da una mia iniziativa, mia e di alcuni altri. I negozianti al tempo mi avevano dato battaglia. Dicevano che avrei dovuto far pedonalizzare la mia, questa qui, ma non c´entrava nulla, assolutamente, non era una battaglia di religione, aveva senso farla lì, la zona pedonale, e quello che è successo mi ha dato ragione.

- Conoscevo molte persone, spesso ero fuori. E bevevo.

- Quando con mia moglie avevamo già smesso di capirci e cercarci, avevo conosciuto S.

- S. era molto bella, ci capivamo, ridevamo insieme. E ci cercavamo. Certamente era faticoso, anche lei viveva nel quartiere, stava da sola, ma bisognava stare attenti. Non volevo che si scoprisse, la scoperta mi avrebbe tolto la libertà. Volevo avere in mano io le carte. Ai tempi ero così. Ora peso trenta chili in meno. Ero un uomo robusto, sai?

- A un certo punto pensavo di lasciare mia moglie e di mettermi con S. Ero innamorato di lei, credo. Ma avrei dovuto ricominciare quel percorso, ci vedevamo di rado, quando mia moglie era fuori città, o trovando un pretesto dopo un comitato particolarmente lungo, rubando un´ora qua e un´ora là, erano incontri di ansia ed euforia, era normale si bevesse qualcosa, per calmarsi, per eccitarsi.

- Ma se mi fossi messo con S. avrebbe capito che io ormai dovevo bere tutti i giorni? Che percorso sarebbe stato? Mi avrebbe costretto a smettere?

- Restai con mia moglie, non molto tempo dopo nacquero Simone e Andrea.

- Specie nei primi momenti, mi sono moderato, immaginavo a volte quelle cose. Io ho bevuto un po´e faccio cadere Simone dalle mie braccia. Andrea legge vicino a una stufa (ma non avevamo una stufa, era solo l´immaginazione) e una sedia lì accanto prende fuoco, io sono rintontito e non mi accorgo di nulla.

- Andrea mi parla ancora, mi viene a trovare. Simone non più. Mi ha chiesto “Non farlo per me, fallo per i tuoi nipoti. Almeno un giorno, almeno quando stiamo insieme. Mi fanno domande, mi dicono che cosa ha il nonno, perché ha la pelle gialla?”

- Il mio problema è che il vino quando arriva a tavola l´ho già bevuto mentalmente con gli occhi, è tutto troppo veloce.

- In ospedale sono stato sobrio, è vero, per quasi un anno. Ma io non sono interessato e essere sobrio, non più. Ho abbassato i ritmi, ma mi lascio morire così. Non può essere più grave di passare i propri ultimi anni bevendo limonata

*
Viviamo ogni sera come se dovesse essere eccezionale. Conosco alcuni che la mattina dopo usano le aspirine. Ma non è qui il punto, il punto principale non è l´abuso di sostanze, ma quello di tempo e chiacchera. Da un certo livello in poi, il tempo si restringe, e ti accorgi di uscire da una giornata avendo sostanzialmente ascoltato gli altri parlare. Alcuni hanno un rapporto disastroso con la propria parlantina o – più probabilmente – sono logorroici per difetto di attenzione ricevuta da piccoli. Siamo tutti uomini, ho imparato a non sopravvalutare nessuno.

L´asceta è quello che dovrebbe uscire da tutto questo, il padrone dei tempi vuoti e dei silenzi melancolici, il daydreamer, quello che concepisce e domina tecniche di rilassamento, e attenzione concentrata, che rifugge i social, che non ha bisogno di portarsi dietro il cellulare o di spegnarlo, perché sa controllarsi, autoimporsi la disciplina.

Se sarò capace di percorrere questo percorso ancora non lo so, certe serate mi ci sento vicinissimo, dormicchio già alle otto e mezzo, non faccio niente di costruttivo, ma paradossalmente è proprio quella stessa inerzia che mi conduce verso il letto a esserlo, il giorno dopo di norma mi sento riposato e all´altezza delle mia aspettative, all´altezza dei tempi, ma di questo percorso è nemica l´euforia, sono nemici i successi, perché quando l´adrenalina scorre vuoi festeggiare, o fare qualcosa, o condividere, vedere amici, alzare la voce, telefonare, scrivere messaggi, non arriva mai l´ora di andare a letto.

Nel frattempo – comunque – sto mettendo via i soldi per la casa in Svezia.

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