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PORDENONELEGGE 2016. UN´IDEA DI LETTERATURA

ELOGIO DEL PESANTE


2016



Come commentare Pordenonelegge? Certo non in diretta, non su un Blog. Chi é a Pordenone non legge i Blog e chi non c´è non fa in tempo a venire, non è una partita di calcio, non un flash-mob.

Allora forse è più interessante l´esercizio di trovare dei percorsi, nei libri, tra gli autori, nella critica, e in questo senso il Sabato è stato prezioso, ho iniziato con un dibattito tra Paolo Di Paolo e Giorgio Ficara, presentando Lettere non italiane di quest´ultimo per concludere con Filippo la Porta a presentare Antonio Moresco e Romano Luperini.
Nel mezzo, sempre La Porta con Edoardo Albinati, e Massimiliano Santarossa con il suo Padania.

Ne esce un´idea "pesante" di letteratura, una letteratura che si mette in gioco e compete sui principi e le questioni fondamentali.
Penso sia casuale: a questa idea - che proverò in seguito a descrivere meglio - si contrappone una letteratura euforizzata, compiaciuta e poco attenta alla ricerca sul linguaggio; in mancanza di altro, sia chez Di Paolo-Ficara che da La Porta-Luperini-Moresco é stato ampiamente bastonato Francesco Piccolo, rappresentante appunto di quanto sopra. Narrazioni nelle quali l´autore si diverte più del lettore, come ha detto Di Paolo. Non posso dargli torto.
Poi Michele Serra, e - a sorpresa - in ambedue i dibattiti è stato nominato in negativo Umberto Eco, rappresentante di un romanzo che si fa Bustina di Minerva esteso, un romanzo che utilizza una "lingua da bar" (La Porta, riferendosi a Numero Uno*)

Insomma, l´idea che emerge é che ci si debba mettere in gioco, questa sembrerebbe una dichiarazione di intenti ma attrae alcuni compiti non facili da eseguire:

1) "La tradizione va affrontata e ne fa sentito il peso" (Ficara/Di Paolo)
Questo si oppone alla scimmiottatura di modelli esterofili (e la paradossale illusione di poter scrivere direttamente in inglese, per raggiungere un pubblico più ampio) e al dominio di una scrittura e di un modo di narrare estratto dalle pur lodevoli serie televisive.

2) Lo scrittore sta dentro la propria tradizione linguistica (Ficara/Di Paolo)
Un invito non solo rivolto all´utilizzo della lingua italiana, ma anche a una tradizione di testi, poesie, scrittori, che accompagnano l´autore, in quanto quasi connaturate, nell´esperienza scolastica e in quella di vita, come la narrazione di una nazione.

3) La discesa negli abissi, il dialogo coi vivi, coi morti (Moresco/Luperini/ La Porta)
Cito gli autori in ordine di abisso e dialogo, quello di Moresco è appunto coi morti, ne "´L´addio", Quello di Luperini con le generazioni (tre - nel suo romanzo - La rancura) e la loro dimensione politico/ideologica, rimane l´idea di un romanzo appunto pesante e che non si accontenta di buonumore, aneddoti e sorrisi

4) L´incanto della letteratura, quella che fa riflettere, che intrattiene e allo stesso tempo tocca i concetti capitali (Ficara / Di Paolo)
È stato tratto un interessante parallelismo/contrasto tra la scena del ferimento del Principe Andrej a Borodino, in Tolstoj e la ricetta per l´olio di balena in Melville.
La conclusione pare essere: nel romanzo c´è tutto, il romanzo è l´organismo perfetto, se lo si sa usare. Chiaramente si parla (credo) di un romanzo ambizioso/massimalista. Pynchon - per dirne uno - non potrebbe che ringraziare.

5) "L´io ha senso solo se immerso nel noi" (Luperini)
Frase molto fuori moda, ma che sta a significare un rifiuto del narci-cinismo imperante, l´abbraccio di una dimensione collettiva non a caso a rischio "fuori moda", ma andiamoci per esempio a leggere la Ernaux

La sistematizzazione di questi che sono spunti andrebbe verso l´affermazione di una serietà (che con Moresco va in direzione di una seriosità autoconclusiva) dello scrittore, una sorta di morale del romanzo che quasi religiosamente nasce in una tradizione, ne cura lingua e usi, non accetta di sminuirsi, abbraccia le specificità locali (Ficara, non è una citazione ma una interpretazione), non si lascia ridurre a collezione di editoriali o rubriche (La Porta, parlando in particolare di Eco).

Il rischio è che una visione, quella di Ficara, tenda a valorizzare in maniera conservatrice l´utilizzo di gerghi, dialetti e impasti caratteristici, di renderci diffidenti verso la figura di uno scrittore che si apra al mondo, che abbia letto (azzardo) DeLillo, Amis, Cotzee e cerchi una strada che parta dalla tradizione ma tenga conto di un´elettrica euforia, un includere più storie e più tradizioni in un tronco che rimanga italiano, che provi ad immergersi in un´esperienza internazionale e postmoderna o internazionale senza riscrivere la sceneggiatura di House of Cards.
Faccio una domanda stupido-rivelatrice: che romanzo scriverebbe un ragazzo di Empoli o Eboli o Lacchiarella che stesse per qualche mese in giro per l´Erasmus, leggendo Purity e insieme il Finnegans Wake?

Per quanto riguarda l´altra (visione), mi pare che il rischio sia che l´apocalisse, il mondo dei morti, il mondo della militanza cancellino ogni sorriso dai volti dei personaggi del romanzo.

Difficile trarre conclusioni dopo tanta abbondanza, e senza aver affatto toccato i dibattiti di mezzo (Santarossa e Albinati). Aiuterà credo leggere i testi citati o anche evitarli, prevarrà credo
 un´impressione di scoperta, ricchezza e contraddizione, quella che pervade chi cerca i romanzi giusti, sapendo quanto sia facile sbagliarsi.

* In particolare Ficara parla di Eco come di un comunicatore, non uno scrittore. Personalmente penso che Numero Uno sia stato un romanzo di un Eco "senile" e probabilmente con grande uso di Ghost Writer, e che i suoi libri maggiori fossero tutt´altro.

BIBLIOGRAFIA

Giorgio Ficara - Lettere non Italiane. Considerazioni su una letteratura interrotta (Bompiani)

Paolo Di Paolo - Storia quasi solo d´amore (Feltrinelli)

Tolstoj - Guerra e Pace

Melville - Moby Dick

Peter Brooks - Trame (Einaudi - attualmente non disponibile)

Antonio Moresco - L´addio (Giunti)

Romano Luperini - La rancura (Mondadori)

George Steiner - Vere presenze (Garzanti)

Jeffrey Eugenides - La trama del matrimonio (Mondadori)



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