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LIBRI E RECENSIONI. CHARLES DICKENS - UNA STORIA TRA DUE CITTÁ

LA GRANDEZZA DI DICKENS


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Difficile dire cose davvero nuove su un classico, poi questo Una storia tra due città del sommo Charles Dickens l´ho consumato in una buona edizione Oscar Classici Mondadori, curatela e traduzione di Mario Domenichelli, ricco apparato di note e addirittura una postfazione di Stefan Zweig.

Ma il lettore si appassiona e allora vuole lasciare le proprie impressioni e sensazioni, perché parliamo secondo me di un grandissimo libro, insieme romanzo storico e melodramma, romanzo-città e romanzo-mondo e per mondo intendiamo quello in cambiamento, in tragica evoluzione dal predominio delle aristocrazie alla nascita e prevalenza del ceto borghese, il tutto passando dal terrore. 

Ci troviamo davanti alla "take" dickensiana sulla rivoluzione francese, e con i suoi aristocratici assuefatti ad agi e potere e ormai orbi di fronte alla prossima sollevazione del popolo troppo a lungo sottomesso, la descrizione degli eccessi "della canaglia", due città (appunto) da rendere teatro di scontri, crudeltà, amori, giudizi sommari, crampi di fame e di violenza, e ancora gli esponenti di quel popolo che oppresso fino allo sfinimento si fa vendicatore e a sua volta oppressore. E la saggezza della borghesia, nuovo ceto che stava per sbocciare, per cui lo scrittore parteggia.
Tutti temi, scenari, uomini, caratteri direi ideali per lo scrittore inglese, Dickens ci si appoggia, ci sguazza, la sua grande arte sbozza e plasma, gli originali a cui si era ispirato (l´opera di Carlyle) vengono saccheggiati per creare una sequenza di quadri e scene madri spesso indimenticabili per espressività e potenza, alcune scene di massa sono tanto plastiche e presenti da uscire dalla pagina - come si suol dire - come se fossimo al cospetto dell´opera di un grande regista (cosa che a modo suo credo Dickens fosse).

Non credo sia utile parlare della trama, che è nota ma comunque non teme spoiler (è il come sta scritta e dispiegata sulla pagina), vado per squarci e suggestioni: il notissimo possente incipit; i parallelismi tra personaggi e situazioni, i simbolismi e la ieraticità di alcune ripetizioni, attraverso le quali Dickens con un solo termine e in un solo personaggio (o una serie di essi) dischiude la sua visione del mondo (la canaglia - Jacques - il Monseigneur - la Vendetta). O bastano le pagine dove si descrive il cucire indefesso di Madame Defarge, di fronte ai suoi occhi bui e assetati di sangue, o ancora il più struggente e nobile dei protagonisti, l´avvocato Sidney Carton (a cui vengono affidati i ganci di dialogo più spassosi e vivaci).

Come dire: non servivo io e non serviva Recensireilmondo a dare ulteriori conferme sulla grandezza di Charles Dickens. Ma a volte nelle pieghe dell´attuale e dello stare sulla notizia a tutti i costi, magari il rischio di trascurare un classico può esserci. E sarebbe un peccato (non per Dickens, chiaramente, che sapeva di esserlo, ma per il povero lettore privato di tanto piacere).

Post-Scriptum: il titolo originale A tale of two cities già nella sua allitterazione è potente e più evocativo di quello italiano.


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